Intervista a Giorgio Tauber, direttore dei primi 20 anni di Gardaland, in occasione del suo 80mo compleanno

Il 15 ottobre 2021 è la data che ha segnato una tappa importante nella vita di Giorgio Tauber, un “pioniere” che ha indissolubilmente legato la sua vita al mondo dei parchi a tema e in particolare al parco italiano per antonomasia: Gardaland. Istrionico, allegro, vitale, Giorgio si racconta in una intervista appassionata e ricca di curiosità nella quale ripercorre la sua singolare avventura professionale nel mondo del divertimento, una storia ancora in divenire.
Giorgio, ottant’anni, una vita dedicata a divertire le persone, ma soprattutto un nome inscindibile dal principale parco a tema italiano, ormai conosciuto anche a livello internazionale: Gardaland. Come nasce questa storia d’amore?
Livio Furini, che fu mio grande amico e l’ideatore del parco, mi conobbe nel 1972 quando io dirigevo il campeggio La Rocca a Bardolino e lui era un mio fornitore per i negozi del villaggio. Nel 1973, mi dice: “Un giorno farò qualcosa di bello sul lago di Garda, e ti vengo a prendere perché vedo che tu lavori bene”: Io l’ho ringraziato, ma non sapevo ancora a cosa si riferisse con quella frase misteriosa.
Il tempo era passato e nel frattempo avevo cambiato lavoro, quando nel 1974 ricevo una telefonata da Furini che mi dice solamente “Vieni a casa mia che ti devo parlare”. Lo raggiungo a Peschiera del Garda, salgo sulla sua Jeep e mi porta a vedere il terreno che aveva comprato in località Ronchi, ci addentriamo per una strada sterrata che conduce a un casotto di legno, che poi successivamente è rimasto nel villaggio West Rio Bravo, e mi fa entrare. All’interno, ovunque ci sono schizzi, disegni e progetti. Mi dice “Guarda, queste sono le bozze di quello che ho in mente, vorrei creare il primo parco a tema in Italia”. Io sono rimasto letteralmente “fulminato” dalla sua capacità di fare e di trasmettere con entusiasmo questa idea innovativa. Dopo qualche secondo ho detto “Sì, sto con te e ti aiuterò in tutti i modi possibili”.
Qualche giorno dopo mi convoca in un ristorante di San Benedetto di Peschiera del Garda e mi presenta ai suoi quattro soci promotori, nomi che non scorderò mai per tutta la vita: Cesare Brentarolli, Flavio Zaninelli, Peter Lessing e Fernando Perbellini. Dopo un’ora di discussione sul progetto, Cesare Brentarolli che fu il primo presidente della società mi chiede di uscire fuori per lasciarli a parlare tra loro. Dopo un’altra mezzora mi richiamano nella sala e mi dicono “Se accetta, avremmo pensato di assegnarle la carica di direttore generale, ma in questo caso non la potremo fare socio per conflitto d’interessi”, risposi: “Ho già accettato venendo qui! Sono a vostra disposizione”. Era la fine di settembre, il 2 di ottobre abbiamo iniziato i lavori, poi considerevolmente accelerati da gennaio, e abbiamo aperto il 19 luglio 1975 lavorando nove mesi giorno e notte, facendo tre turni giornalieri. Allora il terreno era quasi tutto di Livio Furini, parliamo di circa 120 mila metri quadrati”.
Sei stato il braccio destro di Furini durante la realizzazione del parco, come avete condotto questa impresa?
Livio stava in cantiere con due architetti e un geometra, che hanno seguito la costruzione delle opere principali: scavi, impianti, strutture in cemento, edifici, piantumazioni dei giardini, mentre io selezionavo e preparavo il personale, mi preparavo per la pubblicità, tenevo i contatti con i costruttori di giostre e quando serviva davo una mano anche in cantiere. Al castello d’ingresso avevo fatto il mio ufficio operativo, e lì è rimasto per parecchio tempo.
Le idee venivano da Furini che disegnava personalmente i bozzetti con le idee preliminari, alcune gliele davo io stesso, e poi le passava a uno degli architetti perché le trasformasse in progetti veri e propri. Lui comprava anche oggetti curiosi che servivano da ispirazione e che teneva assieme ai progetti nella casa Sant’Anna, una cascina preesistente alla costruzione del parco che venne ristrutturata e che diventò il primo ristorante. Esiste ancora oggi, trasformata in castello medievale con un negozio di souvenir al posto del ristorante. Eravamo instancabili, ci facevamo tranquillamente quattordici o quindici ore di lavoro al giorno, tolti Natale, il primo dell’anno e Pasqua, abbiamo lavorato sodo per aprire in tempo.
Livio Furini abbandonò la sua creatura quasi subito: per divergenze di vedute con gli altri soci se ne andò dal parco la mattina del 4 agosto. Quindi fu assiduamente presente durante i nove mesi di costruzione e dall’inaugurazione al momento della sua uscita passarono appena sedici giorni. Il peso gestionale è quindi ricaduto immediatamente sulle mie spalle, con l’appoggio del consiglio di amministrazione.
Quando il 4 agosto Cesare Brentarolli mi comunicò la notizia, mi resi conto che rimanevo da solo “a dirigere l’orchestra”. Gli risposi che lo ringraziavo per la fiducia, ma che eventualmente a fine stagione avrebbero potuto trovare qualcuno più bravo di me. Invece andò diversamente e la mia grande soddisfazione è stata quella di mantenere quel ruolo per ben ventidue anni, anche prendendo decisioni manageriali strategiche, avallate dalla proprietà.
Ad esempio nel ’78 andai a Valeggio sul Mincio a trattare con un signore proprietario dei terreni che da Gardaland arrivavano fino alla sponda del lago. Brentarolli era in Svizzera e avrei dovuto arrangiarmi da solo. Capii che questo signore aveva necessità di denaro per gli imminenti matrimoni delle figlie e combinammo l’acquisto di tutto il terreno che dal padiglione dei delfini andava al lago. Per il modo in cui portai avanti la trattativa, Brentarolli volle darmi un piccolo premio aziendale, non una provvigione ma un premio che aggiunto ai risparmi messi da parte negli anni di lavoro a Milano mi consentì di aprire il mutuo per la mia casa.
Hai parlato di costruttori di giostre: quali sono state le aziende che hanno fornito le prime attrazioni?
Il primo treno, battezzato Transgardaland Express e sponsorizzato dalla Trenini Lima, era un treno su rotaia costruito dalla Dotto di Castelfranco Veneto, a differenza di quelli stradali su gomma che l’hanno poi resa una azienda famosa nel Mondo e che produce ancora oggi; i binari vennero posati dai dipendenti delle Ferrovie dello Stato di Verona che lavoravano per noi a fine turno o nei loro giorni di riposo: erano specialisti e le rotaie erano state messe giù molto bene, non abbiamo mai avuto un problema tecnico in tanti anni di attività. Negli anni ottanta arrivarono nuovi treni prodotti dalla SDC, che sono ancora in funzione.
Le originali imbarcazioni a forma di tronco del Safari Africano, una delle attrazioni principali nel 1975, erano state costruite direttamente dagli scenografi che lavoravano per il parco, i fratelli Alfredo e Renato Laino di Napoli, che avevano curato anche le scenografie del percorso, creato la galleria di Biancaneve e i Sette Nani per il trenino e tutta la scenografia del castello di ingresso. Le vetturette d’epoca della giostra a fumetti erano di produzione SDC, mentre la giostra a cavalli era quella ottocentesca della nota famiglia di spettacolisti Degli Innocenti, in affitto, e rimase fino a quando facemmo costruire quella a due piani.
L’anno dopo l’apertura nacque nel laghetto l’area spaziale con la Ballerina della Emiliana Luna Park, chiamata Ufo, e il Missile Aster Liner acquistato negli Stati Uniti: pensare che all’inizio c’era la pesca sportiva alla trota, che creò un sacco di problemi perché ributtavano in acqua i poveri pesci con l’amo attaccato al palato. Erano altri tempi, oggi sarebbe una cosa impensabile. Nel villaggio west c’era un altro mini trenino per bambini e in ultimo c’era l’attrazione “clou” dell’epoca, il padiglione dei Delfini ammaestrati da Franco Carini, che io stesso avevo voluto battezzare Giulietta e Romeo in onore della città di Verona. Il tutto era di proprietà di Cesare Pelucchi, futuro presidente della società, di cui Franco Carini era uno stretto collaboratore. Una curiosità, anche Franco Carini ha compiuto ottant’anni, essendo nato il 15 luglio, mentre io il 15 ottobre.
Gli splendidi materiali pubblicitari dell’epoca, come le prime mappe fumettistiche e i manifesti portavano una firma prestigiosa: Prosdocimi, noto al pubblico per essere un collaboratore del settimanale Disney Topolino e il vignettista della trasmissione Rai per ragazzi “Chissà chi lo sa”, e Febo Conti, che di quel programma era il noto conduttore, divenne il direttore artistico del parco.
Ce ne parli?
Il primo anno c’erano le pubblicità con un semplice disegno stilizzato del castello d’ingresso. Avevamo denominato Gardaland “la città dei divertimenti”, la mascotte Prezzemolo non esisteva ancora perché è stata introdotta solo in seguito, nei primi anni ottanta. Nel 1976 sono andato personalmente a prendermi Bruno Prosdocimi per ingaggiarlo come artista grafico e lo incaricai come prima cosa di disegnare un nuovo manifesto e una mappa di qualità, che risultarono davvero belli.
Prosdocimi è stato sempre con me e nel 1977 siamo andati a prenderci anche Febo Conti che allora era in trattative con la RAI per nuovi programmi, riuscii a “soffiarglielo” e a dargli la carica di direttore artistico, anche se principalmente il suo ruolo era quello di uomo immagine. Appariva negli spot televisivi delle prime televisioni private, ma soprattutto presentò due concorsi che ho ideato con importanti sponsor: l’evento di carnevale con il concorso della maschera più bella, e in settembre il galà di presentazione del famosissimo bambolotto Cicciobello della Sebino, che a Gardaland aveva anche una sua casetta promozionale. Allo spettacolo partecipò anche Sandra Mondaini nelle vesti del clown Sbirulino, personaggio all’epoca famosissimo.
Se Sandra Mondaini fosse ancora tra noi la abbraccerei, è rimasta sempre legata al parco: grande classe, grande personaggio e grande donna. Ti devo raccontare un aneddoto: alla fine di quello spettacolo nel circo lei scende e va negli spogliatoi; fuori dal teatro tenda mi ferma una maestra e mi dice: “vede quei tre ragazzini in carrozzella? Non parlavano e non ridevano mai. Oggi hanno riso per la prima volta guardando Sbirulino”. L’ho abbracciata, le ho regalato alcuni souvenir di Gardaland e ho chiamato la Mondaini che si stava ancora cambiando in un camerino del tendone, riscaldato alla meno peggio, perché venisse a salutarli. Se ci penso mi viene ancora la pelle d’oca per l’emozione.
Nel ’78 Febo Conti andò dal presidente Cesare Brentarolli a chiedere un raddoppio del cachet, asserendo che il successo del parco era merito suo, mi viene ancora da ridere, e Brentarolli gli rispose “Se queste sono le condizioni, prenda il suo nome così famoso e se ne vada pure a casa!”. Fu così che l’avventura di Febo Conti a Gardaland durò appena un anno, e promossi direttore artistico un giovane talentuoso, che purtroppo non è più tra noi da diversi anni, Fernando Solidoro poi divenuto celebre come Mago Fernando. Lavorando con passione e umiltà Fernando si era meritato pienamente quel ruolo.
Prosdocimi è invece rimasto con noi fino al 1981 ed essendo entrambi veronesi abbiamo voluto dedicare un monumento a Emilio Salgari, così l’ho incaricato di progettare una fontana artistica di fronte alla stazione del trenino. Fu un’opera apparentemente semplice, in realtà davvero preziosa e che richiese del tempo, fece fare tutte le formelle di ceramica a Sassuolo e tra il progetto e la realizzazione passarono due anni. Chissà, forse nel tempo avrebbe potuto progettare anche scenografie e nuove attrazioni, oltre che fare per noi l’artista grafico, ma poi nei primi anni ottanta arrivò Valerio Mazzoli che ci curava un po’ tutti gli aspetti creativi e così la collaborazione con Bruno venne meno. In definitiva dal 1975, anno in cui tutta la parte scenografica del parco fu realizzata dai fratelli Laino, al 1982 quando arrivò Mazzoli, fatta eccezione per la fontana di Prosdocimi non creammo nuove scenografie, piuttosto acquistammo nuove giostre e attrazioni e migliorammo quelle esistenti a livello tecnico. A fine anni settanta arrivarono la “Ca’ de Matt”, padiglione con un percorso al chiuso costruito per noi dalla Emiliana Luna Park di Gianni De Maria e il percorso su carrelli della miniera della ditta Pinfari nei Canyons, dove prima c’era una semplice diligenza su ruote tirata da ponies.
Quando arrivò Mazzoli, uno dei primi lavori fu proprio la trasformazione scenografica della Ca’ de Matt nel Castello di Dracula, una attrazione semplice che però riscosse un successo strepitoso. Vennero completamente rifatte le barche del Safari Africano, le nuove canoe avevano l’aspetto di quelle vere delle tribù africane in giunchi intrecciati e ricordavano la forma di una banana: le aveva realizzate in vetroresina un dilettante di Castelnuovo, un artigiano che faceva piscine e che si era arrangiato a farle una per una. Ci ha poi messo le mani per sviluppare il percorso e il sistema di movimentazione meccanica la ditta SDC di Reggio Emilia del signor Spaggiari.
Il primo percorso con le barche costruite dai Laino aveva una guida a motore, e necessitava di ben cinque conducenti, uno per ogni convoglio, e altri due addetti in entrata e uscita: era una cosa insostenibile dal punto di vista economico avere sette persone per far funzionare una sola attrazione, mentre poi riuscimmo a farle funzionare in automatico. Sempre Spaggiari, ci mise in contatto con lo scenografo Armando Tamagnini il quale aveva tante belle idee, purtroppo per noi al momento irrealizzabili perché non avevamo i soldi. Fornì qualcosa anche lui, ma tramite le fabbriche di giostre e mai come fornitore diretto: qualche soggetto animato di personaggi e animali per il Safari Africano, ad esempio.
Gli anni ottanta rappresentano un decennio di crescita straordinaria e di trasformazione notevole per il parco, che diventa una realtà affermata in Italia e all’estero. Come avviene questo percorso evolutivo che non si è più arrestato?
Già da quando avevamo acquistato il terreno per l’espansione pensavo a come sviluppare la zona nuova: nel 1985 sono arrivati il flume ride sui tronchi, il “Colorado Boat”, costruito dalla ditta tedesca Mack proprietaria di Europa-Park, parco nato nel 1975 come Gardaland, e “Magic Mountain”, un coaster della olandese Vekoma e prima vera montagna russa fissa d’Italia.
Dalla collaborazione con i fratelli Valerio e Claudio Mazzoli, scenografi con esperienza alla Disney, avevamo iniziato a realizzare attrazioni tematiche: la galleria del Drago Prezzemolo, il rifacimento del Safari Africano, il self service Aladino, il Souk Arabo, ma è nel 1988 che apre una attrazione unica al mondo, tra le prime dark ride d’Europa, la “Valle dei Re”, un percorso con effetti speciali e robot animatronici, un vero kolossal. Per l’inaugurazione abbiamo allestito un palco all’ingresso dell’attrazione e sono venuti gli artisti dell’Arena di Verona con la marcia dell’Aida ad esibirsi davanti a un pubblico di cinquecento invitati, tra i quali l’ambasciatore egiziano.
Ho nominato Prezzemolo: a metà anni ottanta Valerio Mazzoli aveva disegnato la mascotte, un drago molto bello e con un nome azzeccato, ma all’inizio nel disegno aveva la bocca chiusa, così gli ho chiesto di ridisegnarlo sorridente e con la bocca aperta e da quel momento ha avuto un grande successo: veniva venduto il peluche nei negozi ed è andato a finire su tutto il materiale pubblicitario. A proposito di pubblicità, bisogna tornare al 1982, c’è stato un evento fondamentale per la crescita del parco: non riuscivo a fare mai pubblicità in RAI, perché era costosissima, e facevo solamente passaggi in radio, qualche televisione locale, manifesti e tanti redazionali sui giornali nazionali.
Nel ’82 si presenta la Fininvest, oggi Mediaset, attraverso i suoi agenti di Verona e mi propongono un pacchetto di spot a un terzo del costo della RAI sulle neonate reti private nazionali di Berlusconi. L’offerta prevedeva il pagamento posticipato di un anno, 100 spot a trecentomila Lire l’uno, così ho accettato e con l’aumento di visitatori derivato dalla campagna pubblicitaria ho potuto far fronte tranquillamente all’investimento. La cosa più bella però avviene nel 1983, quando la Fininvest mi propone la partnership con una nascente trasmissione pomeridiana per bambini, Bim bum bam. Ho firmato senza sapere il costo, ma ho detto che volevo che Gardaland fosse visibile sia nella sigla di testa che in quella di coda, in cambio gli avrei messo a disposizione l’intero parco come set per le riprese e assistenza logistica. Alla fine con un costo irrisorio sono andato avanti per ben dieci anni, con Bonolis e gli altri conduttori. Lego, Ferrero e altri sponsor volevano portarmi via la sigla, invece fino al ’92 il set è sempre stato a Gardaland.
Passiamo agli anni ’90, altro decennio importante per la crescita e l’affermazione del parco visto che nel ’92 apre l’attrazione “Corsari”.
Prima di tutto siamo arrivati al 1990 con un ulteriore passo avanti in termini strategici: ho finalizzato l’acquisto di nuovi terreni per espandere il parco in un’altra direzione, visto che al lago eravamo già arrivati ed eravamo chiusi da tutte le parti. Nel 1985 ho iniziato delle trattative durate cinque anni che hanno consentito di comprare i terreni verso Pacengo, oggi occupati da Fuga da Altantide, Blue Tornado, Jungle Rapids, Mammut, Oblivion e via dicendo; senza quel terreno il parco non avrebbe potuto raggiungere le attuali dimensioni.
Nel 1983, purtoppo, era morto il presidente Brentarolli, ma gli era subentrato l’altrettanto capace Cesare Pelucchi che ha capito la necessità di acquisire nuovi spazi per far crescere il parco e mi ha appoggiato in questo investimento. Io ho concluso la mia esperienza lavorativa nel ’96, ma è grazie a queste scelte che il parco dal 1998 ha potuto pianificare nuove aree. Claudio Mazzoli, diventato ormai progettista unico e a tempo pieno per Gardaland, con il nuovo consiglio di amministrazione ha poi fatto negli anni seguenti un ottimo lavoro artistico in questa ulteriore opera di espansione.
Tornando ai Corsari, prima della loro apertura siamo andati avanti a sviluppare l’area fronte lago comprando altre attrazioni, principalmente dalla Mack, come le Tazze e la Monorotaia o anche altre giostre più o meno grandi di altri costruttori; nel frattempo i fratelli Mazzoli avevano progettato e realizzato il villaggio Tudor con il bellissimo galeone ancorato nel porto, ma non hanno realizzato l’attrazione sottostante perché impegnati nella realizzazione di altri cantieri a Disneyland a Parigi, allora in costruzione. Alla fiera IAAPA in America abbiamo quindi individuato un gruppo statunitense, la Richard Crane Productions che ha poi progettato e realizzato I Corsari; quindi li abbiamo inaugurati nel ’92 in concomitanza con l’apertura di Euro Disney, all’epoca si chiamava così.
Hai avuto in visita anche una delegazione della Disney, vero?
Certo, ti racconto un aneddoto. A fine settembre del ’93 vengono ospiti a Gardaland Mr. Ross, allora presidente del parco parigino, con la sua segretaria e il direttore generale. Con il consiglio di amministrazione li portiamo a vedere il parco e quando siamo sotto il ponte della ferrovia nel villaggio Rio Bravo, Mr. Ross mi ferma e mi chiede: “Tauber, perché lei guadagna con questo parco e io con i primi due bilanci non ho guadagnato niente?”. Era una domanda secca. Gli ho risposto: “Mr. Ross, lei non guadagna perché ogni mattina deve pagare quattordicimila persone, il biglietto di ingresso è caro, inoltre lei ha degli hotel con troppe stelle”.
Al suo “E lei, cosa farebbe al posto mio?” rispondo “Primo, seleziono il personale e tengo solo i migliori, riducendo il numero esagerato di dipendenti, secondo ritoccherei un poco il costo di ingresso perché siamo in Europa e non in America e terzo deve prevedere almeno due hotel con prezzi più abbordabili e popolari”. Un mese dopo mi scrive una lettera di ringraziamento, dove diceva che aveva seguito i miei consigli e che sarei sempre stato un suo gradito ospite nei parchi Disney; conservo ancora quella lettera con soddisfazione.
Ci vuoi parlare dei tuoi progetti dopo l’uscita da Gardaland?
Terminata la lunga storia con Gardaland mi sono prima di tutto preso quel periodo di riposo che in ventidue anni non avevo mai potuto prendermi e poi nel 1998 ho aperto una società di consulenza per parchi di divertimento, la GTG, ovvero Giorgio Tauber Group. Negli anni abbiamo fatto tanti progetti e consulenze lavorando in Ungheria, Marocco, Croazia, Italia, in parte realizzati e in parte no essendo un settore difficile e che richiede grossi investimenti, ma ultimamente siamo vicini a concretizzare un progetto nel nostro Paese e un altro in Europa.
Ben vengano nuovi parchi, come dimostra l’esperienza della Florida. Se sono pensati e realizzati bene più ce ne sono e più si afferma una cultura del divertimento.