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Parksmania / Articoli tecnici / La figura dell’Imagineer e del Cast Member (Parte 1)

La figura dell’Imagineer e del Cast Member (Parte 1)

28 Novembre 2017 di Marco Ludovico

La “Storia” Disney raccontata con la regia degli Imagineer e l’interpretazione fornita dai Cast Member: l’evidenza di una strategia di successo!

[Leggi tutto]

Estratto della Tesi di Laurea Magistrale in Scienze e Tecniche del Teatro - Università Iuav di Venezia - Dipartimento di Progettazione e Pianificazione in Ambienti Complessi - Anno Accademico 2014/2015

Autore: Marco Ludovico - Titolo: La Teatralità dei Parchi Disney

Parte 1

I parchi Disney sono sempre stati caratterizzati dall’obiettivo di far vivere ai propri ospiti dei momenti indimenticabili, sfruttando il successo dei personaggi e delle storie prodotte da Walt Disney. Gran parte di questo successo dipende anche dalla capacità degli Imagineer di creare dei luoghi evocativi, in grado di mostrare un universo fatto di sensazioni, idee e immagini uniche.

Ciò nonostante Disneyland non è il primo luogo a basarsi su riferimenti fantastici; tra i diversi esempi storici il più celebre è quello del Castello Neuschwanstein, costruito da Ludovico II di Baviera per celebrare e mettere in scena le opere di Richard Wagner, come ad esempio il Lohengrin.

Come in un parco a tema di tutto rispetto, dove lo spazio è costruito in funzione della messa in scena di un determinato racconto, così gli ambienti del castello furono concepiti come palcoscenici nel quale rivivere le avventure degli eroi wagneriani. Ad esempio, la sala del trono non fu mai utilizzata per delle funzioni formali e ugualmente la camera dei menestrelli.

L’opera ha giocato un ruolo fondamentale nell’immaginazione di Ludovico II, grazie soprattutto alla sua natura definita da Samuel Johnson "esotica e irrazionale". La stessa definizione può essere utilizzata anche per Disneyland, poiché come questa propone uno scenario temporalmente incerto, in una realtà da considerarsi autonoma. Inoltre, tanto quanto l’opera è stato il luogo privilegiato per rappresentare la fantasia e il mito - migliorando il presente partendo dal passato - così la Disney ha scelto di fare lo stesso utilizzando i suoi parchi a tema per celebrare i valori delle proprie produzioni cinematografiche. Infatti entrambe condividono lo stesso processo di reinterpretazione del passato, prendendo spunto dalla letteratura fiabesca europea e dalla storia americana da un lato, e dal teatro antico dall’altro.

Sia Wagner che Walt Disney si appropriano della storia per orchestrare una realtà temporalmente sospesa, che nello specifico di Disneyland si concretizza attraverso la tematizzazione, la quale tramuta lo spazio fisico e temporale. In questo modo gli ospiti si immergono in un luogo dove la realtà è stata modellata per fini simbolico-comunicativi, nella stessa maniera in cui nell’opera la musica descrittiva trasporta lo spettatore. In entrambi i casi la temporalità della fantasia introduce una nuova dimensione in cui mettere in scena il mito.

Main Street USA

Ad esempio Main Street Usa non ha nessuna indicazione sulle sue caratteristiche storiche, eppure gli elementi scenografici, come la piccola piazza, la musica in strada, le bandiere americane e le botteghe, suggeriscono immediatamente l’epoca in cui ci si trova, senza che ne sia fatta una precisa descrizione. Inoltre la manipolazione prospettica, i giochi di luce e l’iconografia determinano una realtà "più vera" che influenza l’esperienza del visitatore. Lo stesso viene fatto a teatro da quando si è passati da un’immagine verosimile - tipica del teatro naturalistico - a una drammatica, al fine di riempire l’immaginario scenico degli spettatori.

Tutto questo è dovuto all’abitudine del pubblico verso una realtà cinematografica, la quale permette una visione del mondo su più angolazioni e dinamica, che spinge la scenografia verso un nuovo approccio nei confronti della spazialità, dato che ormai lo sfondo decorato dell’epoca non poteva più sintetizzare la complessità iconografica.

Main Street USA

Questa, come illustra Margaret J. King, direttrice del Center of Culture Studies & Analysis nonché collaboratrice per la Disney Imagineering, è il cardine dell’immagine scenografica poiché, già 32.000 anni fa, gli uomini iniziarono a modificare l’ambiente in cui vivevano - in questo caso le caverne - con l’intenzione di creare un ambiente virtualmente simile alla realtà. In questo modo, ben prima dell’arrivo dell’architettura, si iniziò a raccontare storie attraverso la spazialità.

Quindi, nonostante l’avanzamento tecnologico, il valore dell’elaborazione visiva rimane immutato, indirizzando sempre la progettazione verso la definizione di un contesto. Il processo di progettazione scenografica assume gli stessi caratteri di quella architettonica, in modo da potersi prefigurare ciò che lo spettatore andrà a vedere. A tal proposito Don Carson, scenografo e storico Imagineer Disney, dice:

"Gli elementi del racconto, nella narrativa spaziale, sono già infusi all’interno degli spazi fisici in cui gli ospiti viaggeranno. È lo spazio fisico che svolge la maggior parte del lavoro, per convogliare la trama che i progettisti tentano di raccontare […] in modo che il pubblico sia in grado di collocare l’avventura nella propria immaginazione grazie alle conoscenze che hanno del mondo, della letteratura e del cinema. Il trucco è riuscire a mettere in scena quei ricordi e quelle aspettative per aumentare il coinvolgimento nell’universo che è stato creato".

Big Thunder Mountain

Infatti i parchi a tema più avvincenti sono quelli che si basano su storie o generi ben conosciuti dagli ospiti, che permettono di farli avventurare in quei luoghi solo immaginati fino a quel momento. Le attrazioni che veicolano questi racconti possono così ispirarsi a opere reali - come quelle basate su film o romanzi - oppure avere una storyline completamente inedita. Tuttavia in entrambe le situazioni la realtà costruita è definita in maniera generica, in modo tale da permettere all’ospite di utilizzare la propria immaginazione per completare il quadro.

Nel suo libro The image of City l’urbanista Kevin Lynch descrive la progettazione come la "deliberata manipolazione del mondo per renderlo più accattivante". Per lui i progetti devono lasciare uno spazio di interpretazione a coloro che ne usufruiranno, poiché "un paesaggio dove tutto, perfino le pietre, ha qualcosa da raccontare, difficilmente permetterà di esporre qualcosa di inedito". Perciò la sua proposta è quella di dotare gli spazi di un potenziale simbolico e poetico, in modo da dare un senso intrinseco al luogo, al fine di migliorarne ogni attività umana al suo interno e incoraggiare la creazione di un ricordo.

Walt Disney e gli Imagineer

A Disneyland l’espressione di questo potenziale viene affidato al reparto di Imagineering che, dal 1952, si occupa dello sviluppo architettonico e drammaturgico del parco. La creazione della messa in scena affonda le sue radici sull’inclinazione cinematografica del gruppo e si concentra sulla resa spettacolare dell’esperienza ludica. I campi di studio come la pianificazione delle strutture, i processi artistico creativi, lo sviluppo tecnologico, la produzione narrativa e la ricerca per i parchi a tema e le altre strutture, permettono di raccontare storie sempre più coinvolgenti e articolate.

Ogni esperienza è giustificata da un solido background narrativo, nato dallo studio della trama attraverso gli storyboard e i modelli in scala, i quali permettono anche di capire il punto di vista che avrà lo spettatore. Inoltre ogni attrazione viene dotata di una backstory dal quale attingere durante la composizione dei personaggi e dei luoghi, senza che il pubblico ne venga mai a conoscenza.

Pleasure Island negli anni '90

Per esempio l’imagineer Chris Carradine descrive Pleasure Island (smantellata e ora sostituita da Disney Springs) l’area di svago alle porte del Magic Kingdom di Orlando, come un’isola precedentemente posseduta da Merriweather Pleasure, avventuriero del IXX secolo che, dopo aver messo in piedi la sua azienda, partì per il mare senza fare più ritorno, lasciandola all’abbandono. Solo l’arrivo della Disney avrebbe risollevato le sorti di questo posto, trasformando i ruderi industriali in ristoranti e negozi tematici.

Oppure Don Carson, nel 1990, scrive per la nuova area tematica di Disneyland: "Tutti sanno che Mickey’s Toontown esiste da molto prima di Disneyland, costruita proprio lì a fianco. Un giorno del 1952, quando Walt Disney andò a trovare il suo amico Topolino per fare delle chiacchiere, ebbe l’idea di costruire il proprio parco dei sogni. Il suo amico sapeva che quando Walt aveva quel luccichio agli occhi avrebbe trasformato qualcosa che sognava in realtà.

Topolino era costernato sentendo che però non riusciva a trovare un posto abbastanza grande per costruire tutte le cose che aveva in mente.  - Oh beh, ho un’idea eccezionale! - Esclamò Topolino prendendo per mano Walt e portandolo verso il recinto che divideva Toontown dal mondo degli umani. - Guarda questo confine - continuò - c’è un appezzamento di terra, bello e raffinato, proprio dall’altra parte, e credo che sarebbe un posto perfetto per costruire Disneyland! -. E così fu.

Toontown

Dopo molti anni balenò in testa ai cartoni (prima di allora l’unica cosa che balenava sulle loro teste era un simpatico sole sorridente) che, se loro potevano andare a trovare i loro amici umani allo stesso modo questi potevano passare il confine e andarli a trovare a Toontown. E così Mickey’s Toontown finalmente aprì ai visitatori di Disneyland nel febbraio del 1993".

Queste accortezze narrative sono tutt’ora estremamente rivoluzionarie e assumono la loro massima espressione nelle dark ride, attrazioni al coperto lungo un percorso scenografico, le quali rappresentano la tipologia ideale per lo sviluppo di un tessuto narrativo. Erano popolari già dalla fine del IXX secolo con il nome di mill ride, dove a bordo di barche si attraversavano una serie di scene illuminate che mostravano miniere d’oro o paesi di folletti dentro un capannone.

Tutti elementi tipici dello spettacolo viaggiante fino all’apertura di Disneyland, poiché la creazione di un background narrativo mostrava per la prima volta al pubblico una serie di scene logiche tra di loro e non più una serie di immagini fini a loro stesse. Come spiega Marco Bressan, scenografo italiano di parchi a tema:

"Diversamente dalle giostre meccaniche, che generano una sensazione fisica indotta con sollecitazioni dirette, la dark ride stimola emozioni che hanno a vedere con la voglia di mimesi, con la meraviglia dell’artificiale e del sogno ad occhi aperti. In sintesi, è un grande gioco di ruolo, come il cinema. Ma se nel cinema conosciamo l’identità del protagonista, diventiamo noi stessi il protagonista, qui siamo degli spettatori passivi".

Fine 1 Parte

© Marco Ludovico

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