(Aprile 2005)
Una domenica di aprile, mentre tutta l’Italia era sotto la pioggia incessante ed il termometro non si schiodava dagli 8°C – si verificava cioè quello che i meteorologi hanno definito come “il colpo di coda dell’inverno” – io ero con la mia famiglia a tre ore di macchina da casa, con 30°C ed il 70% di umidità, in mezzo a grandi farfalle dagli splendidi colori cangianti che ci volteggiavano intorno e si posavano sui nostri abiti.
Un’apparizione causata dalla stanchezza nel vivere questa lunga tracimazione dell’inverno sulla primavera, penserete voi. Niente affatto! Eravamo in visita alla Casa delle Farfalle di Milano Marittima nel comune di Cervia. Si tratta di una piccola struttura costituita da un’area didattica – dedicata al mondo degli insetti dove si trova anche la biglietteria ed il negozio di merchandising – e dalla vera e propria Casa delle Farfalle: una serra di circa 500 mq nella quale sono riprodotti il clima e l’ecosistema delle foreste pluviali, all’interno di cui vivono e si riproducono farfalle originarie delle regioni tropicali dell’Africa, Asia, Sud America e Australia.
Fatti i biglietti, iniziamo ad osservare alcuni pannelli con la riproduzione in larga scala degli apparati boccali degli insetti: il pungiglione delle zanzare, la lingua delle api, la proboscide delle mosche, il rostro delle cimici, le mandibole delle cavallette e la spiritromba delle farfalle. Passiamo a guardare cosa contengono le teche: la tarantola rosa del Cile, la raganella cerulea dell’Australia, la rana velenosa dei dardi del Nicaragua (utilizzata dagli indios per avvelenare le punte delle frecce), la blatta soffiante del Madagascar, il bombo dell’Europa e due splendidi esempi di mimetismo: l’insetto stecco del Vietnam e l’insetto foglia della Thailandia.
I due angoli della sala didattica accolgono, da una parte, due microscopi dove è possibile studiare le farfalle e dall’altra un tavolinetto con fogli, colori ed una lavagna su cui i bambini disegnano il loro insetto preferito. Osserviamo tutti i prodotti in vendita: farfalle di legno, glitterate e adesive, stampate su t-shirt, su blocchi per appunti, su matite; insetti in plastica; contenitori con coperchio a lente per l’osservazione diretta di animaletti catturati ed altra cose ancora.
Dopo aver compiuto l’operazione acquisti/ricordo attraversiamo uno stradellino e ci troviamo di fronte ad una porta scorrevole nella quale è scritto ”si prega di chiudere velocemente”; eccoci nell’anticamera della serra: il caldo e l’umidità ci avvolgono, il tempo di spogliarci e di accatastare tutti i maglioni e giubbotti nelle braccia del “genitore sherpa” e via… spingiamo il bottone rosso per far aprire la porta che ci catapulta ai…Tropici.
La prima impressione, dovuta anche e soprattutto al clima invernale che ci lasciamo alle spalle, è quella di aver aperto il portellone di un aereo per tratte intercontinentali; ci manca un po’ l’aria e, a parte mio marito che si troverebbe a suo agio dentro un phon, ci sentiamo aggrediti dal caldo eccessivo. Qualche secondo per acclimatarci, un altro attimo per orientarci ed eccoci prontissimi per cercare le teche che contengono le farfalle.
Siamo di fronte ad un ponticello su un laghetto pieno di pesci rossi e di piante acquatiche, seguiamo il viottolo indicatoci dalla mappa e fra le felci si intravede una bellissimi iguana… libera. Anche le farfalle sono libere e man mano che l’occhio si abitua a cercarle ecco che ne vediamo a centinaia. La meraviglia dei bambini sta nel fatto che le farfalle siano, oltre che libere, vere e così grandi tanto da sembrare degli uccellini. Qualcuna ci attacca perché abbiamo violato il suo territorio: sono esemplari di Caligo, detta anche farfalla civetta – mi viene in mente l’esemplare che si vede all’inizio del Tarzan di Disney – perché presenta nella pagina inferiore delle ali un disegno simile ad un grande occhio che, nella penombra della foresta le permette di essere scambiata per un rapace e tenere alla larga i suoi potenziali predatori. La guida ci spiega che quelle rosse e nere sono urticanti cosicché, se malauguratamente un animale le mangia, è costretto a sputarle. Poi spera che qualche farfalla collabori con lui e ne prende una con sapiente delicatezza. Si tratta di una farfalla bianca con striature nere che proviene dall’Asia ed è chiamata carta da riso perché quando vola, dopo qualche battito d’ali, plana proprio come un foglio di carta.
Percorriamo il sentiero delle piante carnivore che per vivere hanno sviluppato interessanti sistemi per la cattura di insetti; c’è l’area ‘slow food’ con fette di frutta zuccherina che insieme al nettare costituiscono la dieta delle farfalle. Vediamo due teche una delle quali ospita un bellissimo camaleonte caliptrato dello Yemen di un anno e mezzo che si nutre prevalentemente di ortotteri ma che non disdegna qualche farfalla offertagli dal personale di serra; l’altra teca ospita due lumache tigre – chiamate così per la loro voracità nei confronti di frutta e verdura – e una rana cornuta proveniente dall’Argentina che si mimetizza nel terreno, apre la bocca e ingoia tutto ciò che le sta a tiro (lucertole, ratti, farfalle); c’è il “bar delle farfalle”, una sorta di fiori di legno spruzzati da acqua zuccherata e miele dove ci fermiamo per fare un vero e proprio servizio fotografico.
All’interno di questa struttura è possibile assistere al ciclo riproduttivo completo: uovo-bruco-crisalide-farfalla. Ma quanto vivono le farfalle? Quelle notturne 5 giorni e quelle diurne una quindicina; ci sono poi delle specie che fanno eccezione ad arrivano anche ad un mese. Proseguiamo per l’angolo del “ritrovo notturno” e poi ancora per la ‘nursery’ nella quale le crisalidi completano il loro sviluppo e si trasformano in coloratissime farfalle. Queste crisalidi provengono da una città della Gran Bretagna e viaggiano verso Milano Marittima prima in aereo e poi con un corriere adagiate in alcune confezioni di legno; i loro riflessi madreperlacei e colorati, il fatto che siano tutte appese ad una specie di gancetto le fanno sembrare tanti piccoli ciondoli. Restano appese tramite un cuscinetto di seta tessuto sul ‘creamaster’, corona di uncini situata all’estremità posteriore dell’addome. Osserviamo, tramite una vetrata, la loro metamorfosi e vediamo crisalidi giovani, altre in movimento perché la farfalla sta cercando di uscirne, farfalle neonate che attendono di indurire le ali per spiccare il volo ed iniziare in ciclo riproduttivo.
Fra le piante troviamo il ficus indiano, l’ibisco della Cina, la strelizia del Sud Africa, i cicas dell’Estremo oriente. Fra le foglie troviamo moltissime uova che vengono custodite con una sorta di tessuto. E’ la volta del “ristorante vegetariano” frequentato dai bruchi, voraci divoratori di tenere foglie. Al centro della serra si trova la piazza dei frutti e degli aromi con le piante del the, del caffè, dell’ananas, del litchi. Ecco un’altra ‘nursery’ denominata delle crisalidi succinte, chiamate così perché sostenute da una cintura di seta che passa attraverso lo stelo o la foglia su cui sono posate.
In una sezione di tronco sono appesi dei bozzoli che contengono le crisalidi delle falene: sono molto grandi e ce n’è anche qui qualcuno che si muove a scatti: la farfalla notturna sta cercando di aprirsi un varco per uscire. Ripassiamo per il laghetto, diamo un’occhiata alle farfalle che si nutrono del nettare dei fiori acquatici e completiamo il percorso.
Il gruppo di visitatori si riunisce, spingiamo nuovamente il bottone rosso per accedere alla sala di decompressione, iniziamo a vestirci e, sempre sotto una pioggia incessante ed un cielo plumbeo che rende tutto il paesaggio di colore grigio, saliamo velocemente in macchina, ricordando con allegria i colori sgargianti e gli accostamenti audaci delle ali di questi piccoli insetti: un saggio della maestria della natura, un perfetto prologo ed augurio alla nostra, quest’anno timida, primavera italiana.