A cura di Roberto Canovi (luglio 2004)
Signore e signori, giù il cappello… quella che andiamo a presentarvi è senza ombra di dubbio una delle più grandi sorprese in positivo della nostra ormai ventennale carriera di “esploratori di parchi”. Partiamo subito però con una delle pochissime note negative che evidenzieremo nel corso di questa presentazione: la location di Puy du Fou è purtroppo molto decentrata rispetto alle rotte classiche del turismo italiano. E’ dunque necessario programmare lo spostamento nel nord della Vandea unicamente per visitare il parco, anche se, tutto sommato, non si trova poi molto lontano dall’area dei Castelli della Loira. La zona è infatti quella di Cholet, un’ottantina di chilometri a sud di Nantes e Angers, a circa 120 chilometri dal famoso castello di Villandry.
Le Grand Parc du Puy du Fou nasce nel 1989 sull’onda del grande successo ottenuto da “Cinéscénie”, un meraviglioso spettacolo serale che viene rappresentato dal 1978 due volte la settimana sulle rive del lago prospiciente i ruderi di un vecchio castello e di cui parleremo nella seconda parte di questo articolo. Partiamo dunque dal parco tematico, che può a pieno titolo definirsi tale in quanto si regge su un filo conduttore credibile, coerente e soprattutto sviluppato con intelligenza. Non ci troviamo infatti di fronte ad uno dei tanti criticabili esempi di “parco didattico alla francese” in cui si registrano troppo spesso eccessi di pedante accademia e paludata presentazione di contenuti, ma bensì ad una confezione molto più riconducibile all’idea americana di amusement. Scenografia, Show e Storia; queste sono le tre chiavi principali del successo del parco, supportate da grande qualità per quanto riguarda l’attenzione agli ospiti da parte dei cast members che vi operano.
La visita di Puy du Fou è un vero e proprio viaggio nel tempo che affascina e coinvolge gli ospiti a tal punto da riuscire quasi a immergerli completamente nell’atmosfera che viene ricreata. E’ lo scopo dichiarato del parco fin dalla sua inaugurazione, ma tra il dire e il fare, e ne abbiamo diversi esempi anche in Italia, spesso le differenze sono molto evidenti. In questo caso si può tranquillamente affermare che lo scopo è stato raggiunto, grazie anche ad un impegno notevole dal punto di vista economico. Le aree tematiche vere e proprie del parco, infatti, pur se di medie dimensioni, assolvono perfettamente il loro compito presentandosi complete e credibili già a partire dall’aspetto scenografico. Se poi aggiungiamo i quattro show principali, rappresentati all’interno di arene caratterizzate da enorme dispendio di scenografie e attori sulla scena, storyboard convincenti e in perfetto stile cinematografico, iniziamo a comprendere come tutti questi elementi miscelati tra di loro concorrano a formare un’esperienza veramente unica.
Le diverse zone tematiche sono collocate all’interno della struttura senza seguire una sequenza in ordine di epoca storica, permettendo così di gestire la giornata in base agli orari degli spettacoli principali. Il parco è aperto dalle 10:00 alle 19:00, con prolungamento di un’ora il venerdi e sabato, in occasione della rappresentazione (biglietto separato) di “Cinéscénie”. La nostra presentazione avrà però un’ordine cronologico e iniziamo quindi dallo spettacolare Anfiteatro Romano, capace di ospitare oltre 7.000 persone e in cui vengono rappresentati due spettacoli ogni giorno. “Gladiateurs” è una rappresentazione in stile hollywoodiano della ribellione di uno sparuto gruppo di Cristiani vittime dei feroci giochi del Circo, così in auge sotto il dominio dell’imperatore romano Diocleziano. Duelli tra gladiatori, corse con le bighe trainate da quadriglie di cavalli come in “Ben Hur”, ottanta attori sulla scena e un’emozionante “faccia a faccia” con i leoni. Questi sono solo alcuni degli ingredienti di una rappresentazione spettacolare che dura ben 40 minuti. Da rimarcare la crudezza di alcune scene in cui il sangue, ovviamente finto, compare in abbondanza, anche se al cinema siamo abituati a vedere molto di peggio. L’anfiteatro è veramente un capolavoro di imponenza ed entusiasmante cura dei particolari scenografici, con un’unico neo, che troveremo anche in tutte le altre grandi arene che ospitano gli spettacoli; non esiste una copertura che permetta di ripararsi dai raggi del sole. Non si tratta comunque di una mancanza da parte del parco, ma bensì, e questo si evidenzia particolarmente per quanto riguarda la struttura romana, di una precisa scelta di tipo scenografico. Tutto sommato, dunque, la credibilità dell’anfiteatro vale bene un cappellino sulla testa e una buona dose di crema solare su braccia e gambe.
Dal terzo secolo d.C. si passa poi al decimo secolo e al “Forte dell’Anno Mille”, precisa ricostruzione di un antico insediamento rurale fortificato dove è possibile visitare le piccole case dal tetto in paglia e fango e la bottega del fabbro. Nella grande arena ricavata a fianco è poi possibile assistere a quattro rappresentazioni giornaliere di “Drakkar”, trenta minuti di show che raccontano i fatti di un’antica leggenda. L’assalto di un gruppo di feroci vichinghi ad un tranquillo villaggio impegnato nei festeggiamenti per il matrimonio di una giovane coppia e il conseguente intervento miracoloso di San Filiberto quando tutto ormai pare perduto. Anche in questo caso la scenografia è sontuosa, con la riproduzione del villaggio che si distende sugli oltre cento metri lineari della scena, decine di attori ed effetti speciali di ottimo livello. Vengono inoltre coinvolti anche alcuni spettatori, scelti durante il simpatico pre-show e vestiti opportunamente per “recitare”.
Ci spostiamo poi al tredicesimo secolo e ad uno spettacolo di 30 minuti che si ripete cinque volte al giorno: “Le bal des oiseaux fantòmes”. Definirlo uno show di falconeria sarebbe estremamente riduttivo, dal momento che all’interno del grande catino formato da due alte gradinate semicircolari si assiste a qualcosa di veramente unico. Lo show inizia abbastanza in sordina, con un racconto supportato da pochi attori e qualche effetto speciale di trascurabile importanza. Ma con il passare dei minuti, in un crescendo Rossiniano, un numero sempre maggiore di uccelli rapaci inizia a volteggiare sopra le teste degli increduli spettatori, invitati naturalmente a restare ben seduti e con le braccia appoggiate alle ginocchia. Aquile, falconi e persino avvoltoi danno vita ad uno spettacolo che coinvolge appieno sia gli adulti che i bambini. E alla fine, un fragoroso applauso da parte di tutto il pubblico, anche per ringraziare i numerosi addetti che sul perimetro della struttura hanno provveduto con notevole impegno a liberare, ricatturare e rifocillare volatili dalla mole spesso notevole.
Lo spettacolo è collegato, anche se ci spostiamo ancora avanti nel tempo di un secolo, alla sorprendente ricostruzione di una piccola città medioevale che sorge nelle immediate vicinanze. Non manca nulla, a iniziare dal ponte levatoio che permette di raggiungere l’interno delle mura che si affacciano su un suggestivo laghetto, per continuare con la cappella in stile romanico e per finire con le botteghe degli artigiani inserite ai lati delle due strette viuzze che attraversano il villaggio. La realizzazione è impeccabile, anche considerando che si tratta di una struttura realizzata ex-novo interamente nel 1995 e che pare invece emergere magicamente dagli abissi del tempo per restituire odori, colori e sapori di un’epoca che da sempre stimola l’immaginario collettivo delle popolazioni europee. All’interno delle botteghe sono presenti artigiani in costume che producono souvenir acquistabili dai visitatori, mentre a poca distanza il fornaio estrae dal forno il pane ancora caldo realizzato con farina integrale e lo suddivide in tanti piccoli pezzi da offrire alla folla di curiosi che si accalcano all’ingresso. Alcuni maiali grufolano vicino alla postazione dei soldati di guardia e i bambini li toccano e si mettono in posa fotografica per la gioia dei genitori, i quali avrebbero reazioni ben differenti in una situazione normale. Ma qui siamo in pieno medioevo e anche il cibo del piccolo ristorante tematico ha un sapore diverso e forse antico. Probabilmente anche per merito dei costumi delle cameriere che volteggiando tra i tavoli accrescono l’atmosfera.
Il percorso che ci separa dal quindicesimo secolo e dallo spettacolo della “Battaglia di Donjon” è molto interessante perchè prima di approdare all’ultima grande arena del parco si attraversa un lussureggiante bosco caratterizzato dalla presenza di decine e decine di voliere che ospitano rapaci provenienti da ogni parte della Terra. Quattro gli spettacoli giornalieri e maestosa la scenografia, che in questo caso è costituita da una vasta e polverosa radura che circonda un castello alto 18 metri che domina un piccolo villaggio posto su un lato. Lo show dura 35 minuti e impegna diverse decine di cavalli e cavalieri che si esibiscono in ardite acrobazie prima di dare vita alla rappresentazione di un’aspra storica battaglia tra francesi e inglesi. Questi ultimi attaccano inutilmente il castello coadiuvati da impressionanti macchine da guerra semoventi che sputano frecce e fiamme all’indirizzo dei difensori. Colpo di scena finale, il castello, che pesa 120 tonnellate, avanza verso il pubblico e ruota di 180° mostrando la sua nuova facciata per simboleggiare il passaggio dall’epoca medioevale a quella rinascimentale.
Ancora stupefatti, risaliamo ulteriormente la storia fino al diciottesimo secolo, giungendo al villaggio capostipite delle altre aree tematiche, perchè realizzato in occasione dell’apertura del parco. In questo caso gli spazi sono molto più ampi e le diverse costruzioni, principalmente sede di negozi di artigianato in cui è possibile acquistare merci di ogni tipo e prodotti locali, sono inserite tra il verde di un bosco molto curato. Gli artigiani sono al lavoro all’interno delle botteghe e chi ha già oltrepassato la soglia dei quarant’anni, vissuti magari in campagna, vedrà riemergere i propri ricordi d’infanzia. Le antiche madie in cui la nonna riponeva il pane, il camino con il braciere a livello del pavimento, i pizzi che ornavano le tovaglie, il lavabo con la brocca per l’acqua e la scala di legno che saliva al piano superiore, stretta e pericolante già all’epoca. Molto apprezzati anche i figuranti in costume che creano scene di vita quotidiana lungo il lieve pendio che caratterizza la strada maestra del villaggio. Anche in questa zona, come del resto in tutto il parco, i carretti-chiosco adibiti alla vendita di bevande e cibarie sono tematizzati a seconda dell’epoca in cui sono inseriti.
Ci avviciniamo all’ultimo periodo storico presentato, che è anche la grande novità della stagione 2004: “Il borgo del 1900”. Si tratta di una grande piazza con due ingressi circondata da una serie di costruzioni che rievocano un tipico paesino francese. Fondamentalmente si tratta di uno stratagemma molto elegante per dotare il parco di un’area commerciale tipica dei grandi parchi di divertimento e che fino ad ora a Puy du Fou mancava. Troviamo quindi un delizioso Bistrot e una serie di negozi a tema in cui è possibile acquistare ogni tipo di souvenir e lasciarsi catturare da una sottile e intrigante atmosfera “Belle Epoque”.
Quelli che abbiamo elencato fino ad ora sono i grandi punti di forza del parco, ma per chi desidera assaporare fino in fondo la molteplicità d’offerta che Puy du Fou propone, è d’obbligo segnalare la presenza di numerose altre attrazioni. Su tutte, un interessante dark walk-through (percorso a piedi indoor) chiamato “Il cammino della memoria”, che fa rivivere ai visitatori attraverso la ricostruzione di alcune scene parzialmente animate da manichini, gli episodi salienti della feroce repressione operata dai rivoluzionari francesi nei confronti dei Vandeani, che si erano schierati con la Chiesa e i nobili. Assolutamente da non perdere, poi, il “Teatro d’acqua”, dove si può assistere ad uno spettacolo di quindici minuti in cui il fascino delle fontane danzanti si unisce alla proiezione di filmati su schermo d’acqua e a qualche effetto speciale, il tutto condito da una coinvolgente colonna sonora.
Chi poi desidera trascorrere momenti di sano relax ha a disposizione numerosi sentieri ricavati nel fresco del bosco. Per i più piccoli sono stati realizzati un teatrino che propone spettacoli della durata di un quarto d’ora e un’area di almeno 50.000 mq. in cui sono custoditi in ampi ed erbosi recinti oltre 1.000 animali, da quelli tipicamente presenti nelle fattorie, fino a quelli più impegnativi come leoni, tigri, orsi, lupi o dromedari. La zona centrale del parco, situata proprio nel bel mezzo del bosco, è caratterizzata anche dalla presenza di un grande lago con fontane danzanti, un teatro all’aperto, la suggestiva e scoscesa “Valle dei fiori” (10.000 mq. di superficie) e un incantevole “Giardino delle rose”.
E’ ormai evidente che l’offerta di Puy du Fou in termini di quantità e qualità delle attrazioni è di prim’ordine e da sola basterebbe a promuovere a pieni voti il parco, ma è necessario spendere in più anche un particolare elogio alle persone che operano a vario titolo all’interno della struttura. Il parco, nonostante sia veramente grande, è pulito e ordinato, come pure i percorsi, che necessiterebbero però di un maggior numero di panchine. I cast members, avvolti nei loro impeccabili costumi, sono gentili ed estremamente professionali, dimostrando di credere molto nel loro lavoro e nella “mission” del parco. La stragrande maggioranza di essi, come ci spiega David Nouaille, responsabile Marketing e Comunicazione, proviene dai comuni limitrofi al parco e ognuno si sente quindi profondamente coinvolto perchè Puy du Fou racconta in sostanza la storia e la cultura della loro terra. David ci accompagnerà poi, alla chiusura del parco, alla scoperta di un’altro sorprendente ed entusiasmante gioiello, “La Cinéscénie”.
“La Cinéscénie” nasce nel 1978 per volere di Philippe de Villiers (che abbiamo avuto il piacere di conoscere durante la nostra visita) e ora, a distanza di venticinque anni dalla sua prima rappresentazione, è unanimemente riconosciuto come il più grande spettacolo del mondo. Ma iniziamo dal backstage, all’interno del quale siamo accompagnati un’ora e mezzo prima dello spettacolo, che si svolge quando l’oscurità è assoluta (nel nostro caso, alle 22:30). Ci troviamo quindi con David all’inizio di uno dei quattro percorsi che vengono riservati alla stampa. L’intero backstage è infatti troppo grande per essere visitato completamente. Iniziamo con il retro del castello, che funge da sfondo principale alla scena, per vedere il posizionamento dei fuochi d’artificio che di lì a qualche ora si alzeranno in cielo. Poi percorriamo gli intricati corridoi delle scuderie che ospitano oltre centocinquanta cavalli, i magazzini dove sono collocate le selle e i finimenti e la sala in cui su un grande calendario a parete vengono abbinati i nomi di cavalieri e cavalli per ogni rappresentazione. Quest’anno gli spettacoli in programma sono 28 ed è curioso osservare come nella grande maggioranza dei casi i cavalieri si rendono disponibili per tutti gli show.
E’ dunque veramente impressionante constatare la complessità di questa macchina organizzativa, anche e soprattutto considerando che tutta la gestione è completamente affidata ad una associazione no profit composta da oltre tremila volontari. Nessuna delle persone impegnate nella realizzazione di “Cinéscénie”, a qualsiasi livello operi, percepisce un solo euro di compenso! Ed è con un misto di sorpresa e ammirazione che continuando nel nostro itinerario e venendo a contatto diretto con una parte di quelle persone che tra poco entreranno in scena, ci rendiamo conto di come sia profondamente radicato in tutti loro il senso di appartenenza a questo progetto. Provengono tutti dai quindici comuni della zona e ognuno di loro ha un compito, indipendentemente dall’età, dal momento che sulla scena escono a recitare anche tanti bambini. Intere famiglie che si ritrovano nel tempo libero, come in una sorta di grande comunità, a svolgere le più disparate mansioni, magari intervallate da una partita a carte o da quattro risate davanti ad una bottiglia di buon vino. A fianco delle costruzioni che ospitano le migliaia di costumi pronti per essere indossati, infatti, si possono trovare piccoli bar in cui la consumazione è assolutamente gratuita. E non è infrequente, come è capitato a noi, osservare un’attempata signora tagliare alcune fette di salame sul tavolo di una delle sartorie, mentre a fianco viene servito nei bicchierini di plastica il caffè preparato con la macchinetta espresso. Passiamo vicini ad un gruppo di bambini che si stanno rincorrendo in attesa di essere chiamati ad indossare i loro costumi e David ci rivela di essere stato anche lui uno dei piccoli attori. Poi ha iniziato l’Università e conseguito quella laurea in economia e commercio che gli ha consentito di essere chiamato, giovanissimo, a creare il marketing team di Puy du Fou. L’associazione dei “Puyfoulais” non è dunque solo un ente benefico (tutti i ricavi finali, detratte le spese, vengono devoluti in beneficienza) e un’occasione di svago/aggregazione per l’intera comunità, ma diviene anche un’importante volano per favorire l’occupazione. Tutti o quasi i dipendenti di “Le Grand Parc du Puy du Fou” (che è una società con fine di lucro staccata dall’associazione) provengono infatti dall’esperienza di “Le Cinéscénie” e dai venti corsi organizzati dalla “Junior Academy”, operativa dal 1999 e finanziata completamente dalle due organizzazioni.
Diverse specializzazioni che spaziano in molteplici campi e che formano in questo modo i tecnici e gli operatori del futuro. “Alcuni dei nostri ragazzi – ci informa David – vanno poi a lavorare magari in qualche altra struttura, ma all’apertura del parco (generalmente a inizio maggio) tornano per lavorare qui con noi, e questo è motivo di grande orgoglio perchè significa che sono affezionati a Puy du Fou e che la struttura continua a crescere e a necessitare di sempre più dipendenti. Nel 2003, in soli 106 giorni di apertura, i visitatori sono stati 720.000 al parco tematico e 380.000 allo spettacolo”. Se consideriamo che la location di Puy du Fou, come evidenziato all’inizio, è molto decentrata anche per lo stesso mercato francese, è veramente un dato incredibile e provvederemo dunque a stilare a breve un’altro articolo incentrato sul “miracolo economico” della struttura per spiegarne al meglio i meccanismi.
Ma è giunto finalmente il momento di salire verso la grandiosa tribuna da 14.000 posti (praticamente già tutti esauriti con un anticipo di mesi) che si affaccia sul lago del castello. Veniamo dotati di cuffie per la ricezione in italiano, durante lo svolgersi dello spettacolo, di una descrizione sommaria delle scene che stanno per essere rappresentate sull’immenso “palco naturale” dalle incredibili dimensioni di 230.000 mq.
E’ veramente difficile riassumere in poche parole la natura dello show che per quasi due ore incanta e stordisce gli spettatori. Un misto di dramma, opera, coreografia teatrale e cinematografica, poema epico, spettacolo di fuochi d’artificio, turbinio perfettamente calibrato di uomini, animali, colori e suoni; il tutto supportato da una colonna sonora di elevatissimo spessore. Non a caso è stata completamente riscritta nel 2003 da un famoso compositore di Hollywood, Nick Glennie-Smith, già autore delle colonne sonore di film come “The Rock” e “We were soldiers”. Le voci dei protagonisti sono state prestate da attori di grande fama come Alain Delon, Philippe Noiret e Robert Hossein. E’ anche per non perdere il fascino di questo intimo connubio tra visione e suono, diffuso magistralmente da un impianto audio all’avanguardia inaugurato nel 2003, che si è preferito non prevedere, almeno per il momento, la traduzione simultanea con le cuffie.
Dalla prima rappresentazione dello spettacolo molte cose sono cambiate e gli attori umani sulla scena sono passati dai 300 iniziali agli oltre 1.000 del 2004, senza contare i 200 animali (di cui 70 cavalli) e gli oltre 4.600 costumi indossati durante la serata.
Alcune fontane d’acqua si elevano a comando nel centro del lago e 12 speciali proiettori animano uno schermo cinematografico virtuale lungo 400 metri che abbraccia il castello e la vegetazione circostante. E per finire, scenografie mobili che appaiono come per incanto ad ogni cambio di scena, scandito dallo spegnimento di tutte le luci che lasciano alla notte il compito di chiudere l’immenso sipario.
Con queste premesse tecniche e ambientali, qualsiasi storyboard avrebbe elevate percentuali di successo a prescindere dal proprio contenuto, ma ancora una volta “Cinéscénie” riesce a sorprenderci. Si, perchè la storia narrata risulta coinvolgente e i particolari di alcune scene paiono essere la trasposizione tridimensionale di opere realizzate dai grandi pittori macchiaioli italiani o dagli impressionisti francesi. Arte sublime, dunque, senza ombra di dubbio.
La storia, che abbraccia 700 anni di vita delle genti della regione Vandeana, in un’alternarsi di momenti allegri e tragici, viene narrata seguendo le gesta del capostipite di una famiglia, Jaques Maupillier e di tutti i discendenti che portano il suo nome di battesimo fino alla fine della seconda guerra mondiale. Scene di vita quotidiana nei villaggi, feste, guerre sanguinose, speranze, delusioni, ma soprattutto e in ogni frangente, desiderio di guardare avanti nella ricerca di un domani sempre migliore per le generazioni future.
Per gustare appieno lo spettacolo, oltre a dotarsi di un caldo maglione di lana per difendersi dalla gelida brezza proveniente dal non lontano Oceano Atlantico, è consigliabile documentarsi un poco sulla storia della Vandea, tra l’altro veramente interessante specialmente nel periodo della Rivoluzione Francese. A questo scopo, già dal prossimo anno, la direzione del parco ha intenzione di produrre opuscoli informativi anche in lingua italiana da distribuire all’ingresso del “Grand Parc”.
Cercare di scendere ulteriormente nei particolari e nella descrizione della storia sarebbe però a questo punto un vero delitto perchè la sua complessità e il conseguente impatto sul pubblico sono talmente unici e indescrivibili da renderne necessaria la visione “live” per rendersene conto appieno. E’ sintomatica di ciò che affermiamo una situazione che si viene a creare già dopo pochi minuti di spettacolo; nonostante i ripetuti appelli pre-show, qualche sconsiderato tra i 14.000 inizia a scattare foto con il flash e altri (in questo caso non esiste divieto) filmano diligentemente con le proprie videocamere. Ebbene, entro la fine della prima scena (circa 15 minuti) sono già completamente scomparsi i flash e le videocamere riposano all’interno degli zainetti perchè nessun essere sano di mente può permettersi di distrarsi, anche solo per pochi secondi, da quello a cui sta assistendo.
E alla fine, con tutti gli attori schierati sulla scena, è immancabile la strameritata “standing ovation”, con 28.000 braccia che si agitano all’unisono in un applauso che sembra non finire mai.
Chiudiamo la serata (è quasi l’una di notte…) all’interno della Sala Stampa e al cospetto dell’ideatore di “Cinéscénie” e di tutto quello che ne è scaturito in seguito, non ci resta che affermare convinti: “Monsieur Philippe de Villiers, Mesdames, Demoiselles et Messieurs… Chapeau!”